Guerra Ucraina
Putin studia la resa dei conti nell’Esercito ma prima deve riconquistare la sua Russia
Per il presidente russo Vladimir Putin, da 10 giorni la prima linea della guerra in Ucraina non è più nel paese invaso ma nel proprio. L’incursione di Kiev nella regione di Kursk e lo stato d’emergenza scattato anche in quella di Belgorod hanno stravolto la quotidianità del Cremlino. E ora per lo “zar” c’è solo un obiettivo: respingere l’invasione. Poi, una volta compiuto questo passaggio fondamentale, sarà il momento – per Putin – di vendicarsi sull’esercito ucraino, e iniziare quella resa dei conti interna che sveli le responsabilità del più grosso fallimento della sicurezza di Mosca dall’inizio del conflitto.
Ieri, per far fronte all’emergenza, il capo del Cremlino ha convocato e presieduto la riunione del Consiglio di sicurezza nazionale. Ordine del giorno: “nuove soluzioni tecniche” per la guerra in Ucraina, quella che ufficialmente, per Putin, è ancora l’operazione militare speciale. E al vertice ha preso parte tutto l’establishment politico russo: il cerchio di potere del Cremlino al gran completo. C’erano il primo ministro Mikhail Mishustin, il presidente della Duma, Vyacheslav Volodin, il vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev, il segretario del Consiglio di sicurezza, Sergei Shoigu. Insieme a loro il fedelissimo di Putin, il consigliere Nikolai Patrushev, che ieri ha accusato direttamente l’Occidente del blitz ucraino dicendo che “l’operazione nella regione di Kursk è stata pianificata con l’aiuto della Nato e dei servizi speciali occidentali”. Da remoto si è collegato il ministro della Difesa, Andrei Belousov, che deve gestire l’evidente falla dei militari che hanno lasciato campo libero alle forze di Kiev. Vi erano infine il capo del ministero dell’Interno, Vladimir Kolokoltsev, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, il Direttore dell’Fsb Aleksandr Bortnikov e il vertice dell’Amministrazione presidenziale Anton Vaino.
Per lo “zar”, in questo momento, è fondamentale bloccare l’invasione quanto evitare che la guerra in Ucraina perda mordente. Due cose che vanno di pari passo, tanto per Volodymyr Zelensky che per il presidente russo. Sul fronte, per i russi le cose non sembrano avere subìto conseguenze drastiche dopo l’invasione di Kursk da parte delle forze di Kiev. Ieri il governo ucraino ha accelerato l’evacuazione per i cittadini di Pokrovsk, nel Donetsk. E le autorità locali hanno segnalato sui social che le forze russe “si stanno avvicinando rapidamente alla periferia di Pokrovsk”. Anche Zelensky è consapevole dell’importanza di questo snodo, tanto che ha sottolineato che quella città, insieme a Toretsk e altre aree, è ora al centro “dei più intensi assalti russi”.
E mentre la Difesa di Mosca ha segnalato attacchi ucraini contro il ponte di Crimea (dove, a detta russa, sono stati abbattuti 12 missili di fabbricazione statunitense pronti a colpire l’infrastruttura), le autorità filorusse di Donetsk hanno denunciato il ferimento di 11 persone in un raid ucraino contro un centro commerciale. D’altro canto ora il problema rimane quello interno, in cui Putin deve gestire una novità assoluta: l’occupazione di porzioni sempre più ampie del proprio territorio da parte di un esercito nemico. Secondo il governo ucraino sono 1.100 i chilometri quadrati già conquistati dalle proprie truppe. Zelensky ha confermato il pieno controllo della città russa di Sudzha. E per il comandante in capo dell’esercito ucraino, Oleksandr Syrskyi, autore dell’offensiva, più di 80 insediamenti nell’oblast di Kursk sono stati invasi dalle forze di Kiev. E l’interesse di Zelensky è ormai chiaro: portare Mosca al tavolo negoziale con una posizione meno vantaggiosa di prima.
Il consigliere presidenziale, Mykhailo Podolyak, ha detto che il suo governo non ha intenzione “di supplicare un negoziato”, e di sapere infliggere “significative sconfitte tattiche alla Russia”. Per Kiev, una trattativa potrà esserci solo le forze armate di Mosca lasceranno i territori occupati: magari con uno scambio con le aree di Kursk prese in questi giorni. Ma Putin ha già detto che il negoziato, con questa invasione, è chiuso. Lo “zar” vuole i territori occupati in questi anni e la liberazione degli insediamenti russi catturati da Kiev: obiettivi da raggiungere con ogni mezzo. E, proprio per questo, gli esperti dicono che l’Ucraina deve capire come passare all’incasso prima che l’incursione perda slancio e la Russia si riassesti. Per evitare che la vittoria tattica si trasformi in un’incursione ambiziosa ma inefficace a lungo termine.
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Guerra Ucraina
Netanyahu tra solidarietà di Trump e l’avvicinamento a Putin: Russia arbitro Medio Oriente, l’idea che piace a Donald
Tutti gli israeliani dicono di sentirsi oltraggiati e abbandonati per la sciagurata emissione del mandato di cattura della Suprema corte dell’Aja contro Bibi Netanyahu, trattato allo stesso livello dei terroristi di Hamas. E per la scarsa solidarietà internazionale nei confronti Israele. Lo sdegno è unanime, e persino più clamoroso quello degli avversari politici del primo ministro. Si può dire che sul piano interno, mai come in questo momento Netanyahu è stato tanto forte, benché sia costretto a presentarsi in aula per il processo in cui è accusato di corruzione. Ma Israele, in questo momento, incassa quanto di più solido possa avere: la solidarietà totale di Donald Trump, il più potente alleato dello Stato ebraico come è mostrato anche dai murales fotografici a Tel Aviv in cui sul volto del Presidente americano eletto si leggono le parole “Trump, fai tornare Israele di nuovo grande”, ispirate al motto Maga.
Mentre il mondo aspetta l’insediamento di Trump, il presidente ancora in carica, Joe Biden, tenta di governare la politica estera degli Stati Uniti (per quanto riguarda il Medio Oriente) sulla stessa linea del suo successore (e predecessore): ha posto il veto alla proposta di risoluzione dell’Onu che ordina una cessazione del fuoco a Gaza, ma senza condizionarla al rilascio degli ostaggi ancora in vita. Una tale proposta è stata considerata inaccettabile da quasi tutte le democrazie del mondo e Biden ha poi dichiarato nullo e inefficace negli Stati Uniti il mandato di cattura emesso dalla Suprema corte dell’Aja, il braccio giudiziario dell’Onu, che ha già emesso un mandato di cattura per Vladimir Putin accusato di aver fatto deportare in Russia migliaia di bambini ucraini strappati alle loro famiglie dopo l’inizio dell’invasione. I Paesi che avevano proposto la risoluzione che ordinava l’immediata cessazione dei combattimenti senza fare alcun accenno alla sorte degli ostaggi ancora in vita sono dieci e il loro documento è stato bloccato dal rappresentante americano all’Onu usando il diritto di veto riservato ai Paesi vittoriosi nella Seconda guerra mondiale. Anche Biden è d’accordo: i mandati di cattura emessi dall’Alta Corte dell’Aja non hanno alcun valore sul suolo americano nel programma repubblicano la diffidenza nei confronti dell’Onu è dichiarata.
Nel frattempo, Trump ha rilasciato una lunga dichiarazione in video del tutto inusuale e decisamente antirusso. Affermando che sotto la sua amministrazione “gli Stati Uniti proteggeranno tutti i loro alleati (senza nominarli ma riferendosi all’Europa) minacciati dai lanci di qualsiasi tipo di missile a corta o lunga gittata. E ha aggiunto che gli Usa non permetteranno ad alcuno di intimidire Paesi alleati e indipendenti. Si tratta di un vero capovolgimento della sua dottrina anti-Nato che minacciava l’abbandono degli alleati che non spendono abbastanza nella difesa.
Il suo discorso è arrivato a poche ore dal lancio di un nuovo missile russo: un missile sperimentale a testata multipla, creato per far partire un ventaglio di diverse testate nucleari. Il missile che è stato usato era armato con esplosivi convenzionali, ma la sua specificità – medio raggio per bersagli multipli – sta nel messaggio implicito: siamo pronti ad usare questo prototipo come vettore nucleare. Per rafforzare il significato, il ministero della Difesa russo ha an nunciato il suo lancio al Pentagono americano trenta minuti prima. L’uso di questa nuova arma assume un significato sinistro se si considera che viene subito dopo la diffusione della cosiddetta dottrina miliare atomica russa secondo la quale il Cremlino considera suo diritto lanciare atomiche contro i Paesi che possiedono armi nucleari e che armano l’Ucraina con missili convenzionali a lunga gittata. Per ora i Paesi che hanno fornito missili a lungo raggio all’Ucraina (che li ha subito usati) sono gli Stati Uniti e il Regno Unito.
Ma ecco una seconda sorpresa che riguarda la politica estera di Trump. Ne dà notizia principalmente il Wall Street Journal, ma non solo. La premessa che è sfuggita per lo più a tutti è che Israele ha ripreso i rapporti con la Russia di Putin, dopo lo sdegno per la solidarietà del presidente russo nei confronti di Hamas i cui capi furono ricevuti al Cremlino con tutti gli onori dopo i crimini del 7 ottobre 2023. La Russia ha rilanciato il suo rapporto riservato se non segreto con Israele. In questi anni la Russia, più ancora dell’Iran, ha rifornito il movimento sciita di Hezbollah con armi di alta qualità da usare contro Israele. Israele è stata informata sia dagli americani che dagli stessi russi che hanno aperto un tavolo di trattative con Israele (di cui è ben a conoscenza Trump, come la Casa Bianca e il dipartimento di Stato) per trovare una soluzione che chiuda le due guerre – Ucraina e Medio Oriente – concedendo qualcosa alla Russia in cambio di una certa flessibilità con Kiev.
L’idea, caldeggiata da Trump e con il consenso di Israele, sarebbe quella di concedere alla Russia un ruolo di arbitrato e di influenza sul Medio Oriente, un’area dalla quale gli Stati Uniti vogliono ritirarsi salvo mantenere una presenza militare che garantisca Israele. Israele sarebbe sollevata dall’incubo degli Hezbollah che lascerebbero il Libano e potrebbe dare inizio con l’Arabia Saudita al famoso “Accordio di Abramo” per un rinascimento tecnologico e commerciale in tutto il Medio Oriente, relegando ai margini il regime di Teheran che in questo momento è sotto sorveglianza internazionale per aver violato gli accordi sull’uranio arricchito.
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Guerra Ucraina
Escalation coreana: “Truppe al fronte”
Diecimila soldati di Kim pronti a combattere. Putin ringrazia con petrolio, orsi e un leone
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