Guerra Ucraina
La guerra in Ucraina si è arenata: il rapporto dell’intelligence Usa: Kiev minaccia Mosca, ma nel Donbass si mette male
Per Mosca e Kiev si prospetta un altro periodo di stallo. È questa l’analisi dell’Intelligence della Difesa americana, che sembra essere netta nel suo ultimo rapporto trimestrale sull’andamento del conflitto e sugli aiuti militari a favore dell’Ucraina. Per il Pentagono, citato da Bloomberg, nessuna delle due forze in campo ha i mezzi per lanciare grandi offensive. Non ce l’ha l’Ucraina, nonostante l’incursione nel Kursk che continua a imperversare negli incubi di Vladimir Putin. E che non può, a detta dei servizi Usa, pensare realmente a una controffensiva per riprendersi i territori persi soprattutto per la carenza di munizioni. Ma non ce l’ha nemmeno la Russia che – pur proseguendo la sua lenta e costante invasione nell’est del paese invaso – non possiede mezzi necessari per “minacciare un’avanzata più profonda nel territorio controllato dall’Ucraina, come nel caso della città di Kharkiv”.
La guerra arenata
Un’analisi lucida e molto fredda, quella della Difesa di Washington, che conferma quello scenario su cui molti esperti stanno discutendo da giorni. E cioè il rischio che la guerra in Ucraina, che ha ricevuto la grande svolta psicologica dell’incursione di Kiev all’interno del territorio russo, rischia in realtà di essersi ormai arenata. Ponendo degli interrogativi non tanto sul valore dell’invasione da parte delle forze ucraine, che ha imbarazzato il Cremlino e messo a nudo le grandi falle nella difesa dei confini (elemento su cui già c’è un imputato, a detta del Wall Street Journal, il generale Alexander Lapin), ma sull’effetto a medio e lungo termine di questa operazione. Da tempo gli Stati Uniti, attraverso analisti e tecnici pubblicati sui grandi media e indiscrezioni rilanciate da anonimi funzionari a mezzo stampa, hanno avvertito del pericolo di un’incursione che distragga troppe forze dal Donbass e non produca quell’alleggerimento del fronte ucraino che era invece nelle intenzioni di Volodymyr Zelensky.
Territorio russo invaso dopo Secondo Guerra Mondiale
L’operazione, al momento, è stata un successo tattico senza precedenti. A livello psicologico e di propaganda, il trauma è evidente. Tanto che ieri anche l’Alto rappresentante dell’Unione europea, Josep Borrell, ha sottolineato su X che l’offensiva ucraina nel Kursk “è un duro colpo alla narrazione del presidente russo Putin”. La Russia – per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale – vede truppe nemiche invadere il proprio territorio, migliaia di sfollati in fuga, villaggi conquistati, ponti e infrastrutture distrutte. Ieri gli ucraini hanno lanciato addirittura decine di droni su tutto il paese arrivando anche a minacciare Mosca, la capitale di quella “fortezza Russia” che per Putin era inattaccabile e addirittura lontana dalla guerra. Tutti abbattuti, ha assicurato il sindaco della Capitale, Sergei Sobyanin. Ma è il segno di come Kiev sappia ormai indirizzare in profondità i suoi attacchi, tanto che ieri pomeriggio la direzione principale dell’Intelligence della Difesa ucraina ha dichiarato di avere attacco con i droni kamikaze l’aeroporto militare di Savasleika, nella regione di Nizhny Novgorod.
Putin avanza nel Donbass
A fronte di questi successi, però, la situazione nel Donbass e nelle altre aree occupate dalle truppe russe non sembra essere affatto in via di miglioramento. E questo, per Zelensky e il suo governo, rappresenta un problema. Così come lo è per gli alleati dell’Ucraina. Ieri i militari russi hanno annunciato di aver preso un altro villaggio, Zhelanne, nel distretto di quella Pokrovsk che è il grande obiettivo di questa lenta offensiva di Mosca di agosto. Putin mostra una tranquillità che – a detta di molti analisti – rischia di essere anche un boomerang, visto che i suoi sostenitori e i circuiti nazionalisti e legati ai militari iniziano a essere frustrati dal fatto che la reazione russa tardi ad arrivare. Ma l’impressione è che lo zar voglia ancora aspettare le mosse di Zelensky. Ieri è stato in Cecenia da Ramzan Kadyrov per visitare l’accademia delle forze speciali e parlare con i volontari che si addestrano lì prima di essere inviato sul fronte ucraino.
E mentre il Parlamento ucraino ha dato il via libera all’adesione del paese alla Corte penale internazionale, da Mosca è calato ancora il gelo su qualsiasi ipotesi di negoziato. “Un tentativo da parte delle forze armate ucraine di invadere il nostro territorio, sottolineo ancora una volta quanto affermato dalla leadership russa, annulla a priori la possibilità di qualsiasi negoziato con la giunta dei banditi”, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova.
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Guerra Ucraina
Netanyahu tra solidarietà di Trump e l’avvicinamento a Putin: Russia arbitro Medio Oriente, l’idea che piace a Donald
Tutti gli israeliani dicono di sentirsi oltraggiati e abbandonati per la sciagurata emissione del mandato di cattura della Suprema corte dell’Aja contro Bibi Netanyahu, trattato allo stesso livello dei terroristi di Hamas. E per la scarsa solidarietà internazionale nei confronti Israele. Lo sdegno è unanime, e persino più clamoroso quello degli avversari politici del primo ministro. Si può dire che sul piano interno, mai come in questo momento Netanyahu è stato tanto forte, benché sia costretto a presentarsi in aula per il processo in cui è accusato di corruzione. Ma Israele, in questo momento, incassa quanto di più solido possa avere: la solidarietà totale di Donald Trump, il più potente alleato dello Stato ebraico come è mostrato anche dai murales fotografici a Tel Aviv in cui sul volto del Presidente americano eletto si leggono le parole “Trump, fai tornare Israele di nuovo grande”, ispirate al motto Maga.
Mentre il mondo aspetta l’insediamento di Trump, il presidente ancora in carica, Joe Biden, tenta di governare la politica estera degli Stati Uniti (per quanto riguarda il Medio Oriente) sulla stessa linea del suo successore (e predecessore): ha posto il veto alla proposta di risoluzione dell’Onu che ordina una cessazione del fuoco a Gaza, ma senza condizionarla al rilascio degli ostaggi ancora in vita. Una tale proposta è stata considerata inaccettabile da quasi tutte le democrazie del mondo e Biden ha poi dichiarato nullo e inefficace negli Stati Uniti il mandato di cattura emesso dalla Suprema corte dell’Aja, il braccio giudiziario dell’Onu, che ha già emesso un mandato di cattura per Vladimir Putin accusato di aver fatto deportare in Russia migliaia di bambini ucraini strappati alle loro famiglie dopo l’inizio dell’invasione. I Paesi che avevano proposto la risoluzione che ordinava l’immediata cessazione dei combattimenti senza fare alcun accenno alla sorte degli ostaggi ancora in vita sono dieci e il loro documento è stato bloccato dal rappresentante americano all’Onu usando il diritto di veto riservato ai Paesi vittoriosi nella Seconda guerra mondiale. Anche Biden è d’accordo: i mandati di cattura emessi dall’Alta Corte dell’Aja non hanno alcun valore sul suolo americano nel programma repubblicano la diffidenza nei confronti dell’Onu è dichiarata.
Nel frattempo, Trump ha rilasciato una lunga dichiarazione in video del tutto inusuale e decisamente antirusso. Affermando che sotto la sua amministrazione “gli Stati Uniti proteggeranno tutti i loro alleati (senza nominarli ma riferendosi all’Europa) minacciati dai lanci di qualsiasi tipo di missile a corta o lunga gittata. E ha aggiunto che gli Usa non permetteranno ad alcuno di intimidire Paesi alleati e indipendenti. Si tratta di un vero capovolgimento della sua dottrina anti-Nato che minacciava l’abbandono degli alleati che non spendono abbastanza nella difesa.
Il suo discorso è arrivato a poche ore dal lancio di un nuovo missile russo: un missile sperimentale a testata multipla, creato per far partire un ventaglio di diverse testate nucleari. Il missile che è stato usato era armato con esplosivi convenzionali, ma la sua specificità – medio raggio per bersagli multipli – sta nel messaggio implicito: siamo pronti ad usare questo prototipo come vettore nucleare. Per rafforzare il significato, il ministero della Difesa russo ha an nunciato il suo lancio al Pentagono americano trenta minuti prima. L’uso di questa nuova arma assume un significato sinistro se si considera che viene subito dopo la diffusione della cosiddetta dottrina miliare atomica russa secondo la quale il Cremlino considera suo diritto lanciare atomiche contro i Paesi che possiedono armi nucleari e che armano l’Ucraina con missili convenzionali a lunga gittata. Per ora i Paesi che hanno fornito missili a lungo raggio all’Ucraina (che li ha subito usati) sono gli Stati Uniti e il Regno Unito.
Ma ecco una seconda sorpresa che riguarda la politica estera di Trump. Ne dà notizia principalmente il Wall Street Journal, ma non solo. La premessa che è sfuggita per lo più a tutti è che Israele ha ripreso i rapporti con la Russia di Putin, dopo lo sdegno per la solidarietà del presidente russo nei confronti di Hamas i cui capi furono ricevuti al Cremlino con tutti gli onori dopo i crimini del 7 ottobre 2023. La Russia ha rilanciato il suo rapporto riservato se non segreto con Israele. In questi anni la Russia, più ancora dell’Iran, ha rifornito il movimento sciita di Hezbollah con armi di alta qualità da usare contro Israele. Israele è stata informata sia dagli americani che dagli stessi russi che hanno aperto un tavolo di trattative con Israele (di cui è ben a conoscenza Trump, come la Casa Bianca e il dipartimento di Stato) per trovare una soluzione che chiuda le due guerre – Ucraina e Medio Oriente – concedendo qualcosa alla Russia in cambio di una certa flessibilità con Kiev.
L’idea, caldeggiata da Trump e con il consenso di Israele, sarebbe quella di concedere alla Russia un ruolo di arbitrato e di influenza sul Medio Oriente, un’area dalla quale gli Stati Uniti vogliono ritirarsi salvo mantenere una presenza militare che garantisca Israele. Israele sarebbe sollevata dall’incubo degli Hezbollah che lascerebbero il Libano e potrebbe dare inizio con l’Arabia Saudita al famoso “Accordio di Abramo” per un rinascimento tecnologico e commerciale in tutto il Medio Oriente, relegando ai margini il regime di Teheran che in questo momento è sotto sorveglianza internazionale per aver violato gli accordi sull’uranio arricchito.
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